
Juve, due mesi da incubo: la paura di perdere la Champions e la coppa Italia ancora di salvezza
TORINO – L’atroce sospetto che divora la Juventus è che questa non sia una crisi, bensì una specie di lento e inesorabile cedimento strutturale. Le crisi in genere sono acute, causano periodi di black out più o meno lunghi, però mai troppo lunghi, e vengono risolte quasi senza un perché: basta una scintilla e la squadra si riaccende, tornando a somigliare a quella che era prima che la luce si spegnesse. Le crisi sono parentesi, nel calcio.
Juve, due mesi in progressivo peggioramento
Quella della Juve dura invece oramai da due mesi, che nel calcio sono un’era geologica. Ma, soprattutto, la Juve non ha avuto nessun crollo verticale: non c’è stata partita in cui abbia sbracato perché tutte (a parte quella con l’Inter) sono state in equilibrio fino alla fine, i calciatori non danno la sensazione di non metterci impegno né esiste un problema lampante e dunque in qualche modo prontamente risolvibile. Anche perché, a livello statistico e con l’evidente eccezione dei punti raccolti, i dati che riguardano la produzione di gioco non sono inferiori a quelli di quando la squadra stava abbarbicata all’Inter. Semplicemente, in questi due mesi la Juve è scesa di livello, come se avesse cominciato ad adeguarsi ai suoi difetti e non ai suoi pregi. Come se si fosse convinta che il suo valore sia questo, non quello di prima.

La paura di perdere la Champions
In questa situazione di lento declinare, o di rassegnata stagnazione, la paura che l’obiettivo finale possa sfumare si sta affacciando quasi all’improvviso, ma sempre più minacciosa. Alla quota Champions fissata da Allegri (70) mancano undici punti e sembrano pochi, ma diventano tantissimi se si conta che nelle ultime nove giornate ne sono arrivati appena sette. Senza cambiamenti di ritmo, la Juventus rischia di venire risucchiata verso posizioni di classifica che mai più immaginava di dover frequentare: prima che calasse il buio, i bianconeri avevano sette punti di vantaggio sul Milan terzo e addirittura diciannove sull’Atalanta quinta. Oggi, i rossoneri sono sei lunghezze sopra e sembrano irraggiungibili e i bergamaschi, nel frattempo scivolati in sesta posizione, appena nove sotto, e marciano con tutto un altro passo.
L’esclusione dall’Europa non ha portato vantaggi
Assieme al Bologna, la Juve è l’unica squadra tra le prime otto a non aver partecipato alle coppe europee, ma non ne ha tratto alcun vantaggio né in termini di freschezza fisica e mentale, né di salute generale (gli infortuni continuano a succedersi) né, soprattutto, di progressi sul piano del gioco, del senso collettivo della manovra, della complessità degli schemi. Può allenarsi con cura e a fondo, rigenerare le energie, prendersi una settimana intera per preparare nei dettagli la partita successiva ma non se ne vedono minimamente gli effetti. Paradossalmente, anzi, ne affiorano di negativi. Intanto i punti sono gli stessi di un anno fa (con tre gol fatti e uno subito in meno), quando i bianconeri arrivarono fino alla semifinale di Europa League e vennero pesantemente condizionati (così dissero loro, perlomeno) dall’andirivieni delle penalizzazioni. Il miglioramento oggettivo delle condizioni di lavoro non ha avuto come conseguenza un miglioramento del rendimento: è questa la pistola fumante che sventolano gli anti allegriani. Ma è anche da qui che s’irradiano le analisi della società e le perplessità sulla gestione di quest’ultimo bimestre.

La Coppa Italia ancora di salvezza
La Coppa Italia è l’ancora cui la Juve può aggrapparsi per salvare la stagione. I turni precedenti hanno via via sforbiciato le avversarie più pericolose, la doppia semifinale con la Lazio (il 2 aprile allo Stadium e il 23 all’Olimpico, sempre di martedì) è alla portata così come lo sarà l’avversario dell’eventuale finale, per lo più considerando che Atalanta e Fiorentina potrebbero nel frattempo rosolarsi con ulteriori fatiche europee. Anche qui, insomma, ci sono le condizioni oggettivamente ideali per fare un buon lavoro e non si può negare che la Juventus sia – per tradizioni, forza economica, ricchezza della rosa – la netta favorita tra le quattro semifinaliste.
Le scelte di Allegri privilegiano la Coppa Italia
Con le scelte fatte sabato, Allegri ha dimostrato che in questo momento considera la coppa più importante nel campionato, altrimenti non avrebbe tenuto inizialmente a riposo un cardine come McKennie né preferito Rugani a Gatti. E oltre a Vlahovic, che era squalificato, rientrerà Kostic, il cui possibile recupero per sabato scorso non è stato forzato proprio per averlo al meglio il martedì, magari nella speranza che basti cambiare scenario per risolvere la crisi, sempre che di crisi si tratti e non di rassegnata e mediocre normalità.