Macron abbandona l'ambiguità: «Un'unione democratica e repubblicana contro la destra lepenista»
Il premier Gabriel Attal si appella agli elettori affinché al secondo turno votino gli «insoumis» con valori repubblicani
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI — Ore 20:00, chiusi i seggi i media possono rendere pubblici i risultati: RN primo partito di Francia. Ore 20:01, Emmanuel Macron diffonde la dichiarazione scritta pronta da tempo: «Di fronte al RN, è il momento di una larga unione chiaramente democratica e repubblicana per il secondo turno. La partecipazione elevata al primo turno dimostra l’importanza di questo voto per tutti i nostri compatrioti e la volontà di chiarire la situazione politica. La loro scelta democratica ci impegna a non deluderli».
Finalmente Macron esce da una ambiguità che coltiva da anni, e che ha rafforzato nelle ultime settimane, quando non ha mai smesso di intervenire nella campagna elettorale per denunciare il pericolo rappresentato dalle «due estreme», fino a ieri alle 19:59 equivalenti e ugualmente minacciose, il Rassemblement national a destra e il Nouveau Front Populaire a sinistra. Ma, qualsiasi cosa ne pensi Jean-Luc Mélenchon, un premier del NFP è pressoché impossibile, mentre Jordan Bardella primo ministro è un’eventualità molto concreta.
Macron aveva votato ieri mattina al Touquet, la sua località balneare preferita nel Nord della Francia a due ore da Parigi, e poi ha voluto ostentare serenità e sicurezza di sé, forse troppa, concedendosi una passeggiata con la moglie Brigitte in jeans, giubbotto di pelle, cappellino, Ray-Ban scuri e un sorriso smagliante forse poco consono alla situazione drammatica in cui la sua decisione di indire elezioni anticipate ha gettato il Paese. Per non parlare del fatto che la maggioranza presidenziale passerà dai 250 seggi che aveva finora ai 60, massimo 90 del prossimo parlamento.
A mostrare un viso terreo più adatto alle circostanze è stato invece il suo primo ministro — ancora per una settimana — Gabriel Attal, che è entrato un po’ più nel concreto parlando da Matignon: i candidati del campo presidenziale che sono arrivati terzi e che si qualificano per il secondo turno si ritireranno per favorire il candidato che si oppone al Rassemblement national «e che difende come noi i valori della Repubblica»: cioè in linea di massima aiuteranno il candidato del Nouveau Front Populaire, a meno che non sia uno dei più estremi della France insoumise.
Attal poi ha annunciato la sospensione della controversa riforma dell’indennità di disoccupazione, che invece aveva difeso per tutta la campagna elettorale: «È il primo atto nello spirito di future maggioranze di progetto e di idee», ha spiegato il suo entourage. In sostanza, si tratta di cominciare a dare corpo a quella «larga unione democratica» evocata da Macron e che il suo ex premier Edouard Philippe ha chiaramente delineato nei giorni scorsi.
Per prima cosa impedire che il RN arrivi alla maggioranza assoluta, ma intanto lavorare a una coalizione che vada dai gollisti anti-RN fino alla sinistra moderata di Raphaël Glucksmann, tenendo fuori gli insoumis più compromessi con l’islamo-gauchismo pro-Hamas di Jean-Luc Mélenchon. La manovra è complicata, ma potrebbe riuscire.